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Domenico Sauli

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Nel 1527 Francesco II Sforza duca di Milano vende, malgrado la contrarietà della Camera Ducale, per 32.000 scudi imperiali il feudo di Pozzolo Formigaro al gentiluomo genovese Domenico Sauli, suo consigliere, mecenate e benefattore nonché giurista e uomo diplomatico.

Il patrizio ligure è l’oratore ufficiale del papa Clemente VII presso l’Imperatore Carlo V.
I Sauli sono una famiglia originaria di Lucca. Nel 1316 viene cacciata ad opera di Castruccio Castracane per guelfismo e ripara a Genova ove farà fortuna nei commerci, specie di seta, e si distinguerà per fasto e mecenatismo.

Alcuni li ritengono originari di Sori.
La ricchezza dei Sauli raggiunge un eccezionale livello nel corso del XVI secolo. Nel 1528 formano, nella città Ligure, uno dei cinque Alberghi nobiliari di origine popolare raccogliendo i Casati dei Bargagli, Carrega, Casanova, Cavalla, Ferraro, Garaventa, Mosca, Pieve, Rapallo, Saccheri e Strata.
La famiglia darà alla repubblica ligure 29 senatori e 3 Dogi biennali; alla chiesa un Santo (Alessandro figlio del Signore di Pozzolo), tre Cardinali, tra cui Bandinelli (m. 1518) ambasciatore e politico che per decisione testamentaria del 1481 decide di far erigere, in Genova, la Basilica di S. Maria Assunta di Carignano (iniziata nel 1552 – opera dell’architetto D’Alessi) lasciando, alla morte, un cospicuo legato.
Fu sospettato di implicazione nella famosa congiura contro Leone X.

Un certo Otone de Sauri appare nel trattato di pace che Genova stipula con i Pisani nel 1188.
Lo stemma nobiliare era: "d’argento alla aquila di rosso, armata e membrata d’azzurro, col volo abbassato".
A Pozzolo Formigaro Domenico Sauli, secondo Severino Ghezzi, conduce la sposa Tomasina Spinola "...a godersi la vista e l’aria che si beve sulla rocca creata dai genieri Viscontei nel 1322 su di un belvedere di poggio con terra di riporto da dove si può ammirare un panorama di cime azzurrine quasi anfiteatro dal Giarolo, all’Antola, al Tobbio al di là di un’ampia distesa verdeggiante e ventilata. Accanto al torrione del castello costruisce la sua residenza di villeggiatura: un corpo signorile merlato ornato in alto da un fregio di mattoni a sbalzo, quasi un merletto di punte e becchi rivolti all’ingiù. Dentro stanze luminose e sala caminata e riposante accoglienza di silenzio e di pace...".

Ma i veri interessi del primo signore di Pozzolo sono altrove: a Pavia e Milano dove è mescolato in iniziative politiche di alta importanza e in affari commerciali. Pensa solo a far denaro. Nei documenti della Raccolta Trivulziana, S. Ghezzi ha scoperto un contratto per la fornitura di sale "...di un milione e trecento mila stara nel tempo e nello spazio di quattro anni e mesi sei, da far condurre nelle canope dello illustrissimo signor Duca...".

È amico del cancelliere del Senato Ducale Girolamo Morone che parteggia per il re di Francia.
Dopo la vittoria di Carlo V a Pavia nel 1525, l’uomo politico milanese accoglie una proposta del papa Clemente VII e pensa ad una lega tra gli stati italiani a la Francia, ma è tradito e imprigionato. Chiede aiuto e denaro per il riscatto a D. Sauli, ma questi, grettamente, dimentica i doveri dell’amicizia. Però in quel tempo di intrighi e condizioni miserevoli anche il nobile Domenico cade nel vortice delle calunnie. Per difendersi è costretto a spendere quasi tutto il suo grande patrimonio e per poco non vende anche il castello di Pozzolo.

Viene perseguitato dal fisco che, nei suoi confronti, rivendica le tasse di intere annate ed è impigliato in cause con Feudatari maggiori (il feudo di Pozzolo è infatti di seconda, ossia dipendente dal Duca anziché direttamente dall’imperatore) che gli contendono i diritti del dazio.
Disgustato si ritira dalla vita pubblica in Pavia e si dedica alla carità. Ma l’innato senso degli affari e la proverbiale sagacia gli fanno ricrescere il patrimonio e i Pavesi gli conferiscono la cittadinanza onoraria.

Domenico Sauli muore a Venezia nel 1571.
Nel corso del XVI secolo sono frequenti gli attriti di natura erariale messi in atto da parte del Ducato di Milano il quale contesta la natura giuridica dell’imperialità dei feudi delle valli Scrivia e Borbera. I tentativi per costringere i feudatari di queste valli alla soggezione feudale ed erariale del Ducato di Milano infeudato nell’anno 1540 dall’imperatore Carlo V a Filippo II, che automaticamente aveva assunto anche il titolo di Duca, hanno una maggiore recrudescenza dopo la pace di Chateaux – Cambrèsis (1559) ad opera del Senato di Milano. La reazione dei feudatari è violenta e decisa. Allora il governatore milanese incarica Christoforo Massara commissario regio di Tortona di recarsi di persona in ogni feudo ligure o di confine per appurarne la natura imperiale o ducale. Al primo posto dell’elenco redatto dal Massara il 25 giugno 1562 figura proprio il feudo di Pozzolo considerato Ducale: “Notta delle terre al confine a genovesi dello Stato di Milano…… - Pozzolo Formigaro Tortonese del Signor Domenico Saulo confina con Nove a miglia numero due, quale Nove godono Genovesi…”. L’elenco continua con Serravalle Tortonese e altre 59 località. Solamente una lettera del Governatore di Milano D. Luigi De Requesens in data 27 agosto 1573 porrà fine al contenzioso riconoscendo l’imperialità dei feudi (L. Tacchella Arquata Sc. Nella Storia dei feudi imperiali liguri).
Domenico Sauli e Tomasina Spinola, patrizi genovesi e Signori di Pozzolo sono i genitori di due figli Francesco, l’erede, e Alessandro il futuro Vescovo e Santo che nasce a Milano il 15 febbraio del 1534.
Ancora fanciullo dimostra una spiccata attitudine allo studio. Le alte relazioni che il rango del suo casato gli consente, da adolescente gli procurano la nomina a paggio di corte: quella di Carlo V signore d’Europa, d’America e padrone del mondo. Con una simile base di partenza uno come lui può arrivare in fretta ai grandi posti. Ma il giovinetto Alessandro non parte. È probabile faccia vita in famiglia fino a diciassette anni. Raggiunta quell’età chiede di entrare tra i Chierici Regolari di San Paolo dei Barnabiti, la congregazione religiosa fondata da S. Antonio Maria Zaccaria (1502 – 1539) che ha sede presso la chiesa milanese di S. Barnaba. Sono preti legati da una regola di vita comune, da severi compiti di studio e d’insegnamento; sono uomini di punta del rinnovamento religioso: “Domando di essere accolto – dice – per abbandonarmi completamente nelle mani dell’obbedienza”. Nel segno della sottomissione si espone ad una prova tra le più sgradevoli: compare nella piazza dei mercanti vestito da nobile, ma portando una pesante croce. Si umilia a dar spettacolo esponendosi allo scandalo ed alla beffa. Da inizio ad una consuetudine: “Da allora portar la croce fa parte delle nostre tradizioni famigliari. È una delle più care ed indimenticabili, perché ogni barbanita inizia il proprio anno di noviziato portando la croce dalla comunità alla chiesa” (P. Luis Origlia Roasio). Ordinato sacerdote nel 1556, diviene maestro e formatore dei barbaniti, chiamati a essere uomini della croce e del libro della fede e della cultura. In quest’opera è talmente uomo di punta che a soli 34 anni lo fanno Superiore Generale dell’Ordine che per merito suo anche a Genova avrà una prima sede. Esterna il suo turbamento per non essere riuscito a smuovere “l’amato suo Genitore cogli altri signori di casa Sauli a consentire di cedere ai Barbaniti il Tempio della B.V. innalzato sul colle del Carignano con regal munificenza”.
Incontra S. Carlo Borromeo Arcivescovo di Milano, impegnatissimo ad attuare nella sua Archidiocesi le riforme del concilio di Trento, che lo vuole suo Confessore: “Fatto diligente esame di coscienza di tutti i suoi peccati, li confessò ad Alesando Sauli…Del suo consiglio pieno di dottrina si giovò moltissimo” (C. Bescapè).

Ma resiste decisamente al Santo Cardinale divenuto suo intimo amico e il papa Pio V boschese e domenicano rifiutando con fermezza l’unione dei Barnabiti con gli Umiliati divenuti troppo ricchi e troppo mondani. Va anche contro il padre Domenico che si fa in quattro per far scomparire l’Ordine nella compagnia dei Gesuiti con le loro cose, le case, i denari e gli uomini; in pratica con tutto. Sant’Alessandro non perde la determinazione né si arrende: questa compagnia non deve più esistere. Ed il Papa, con bolladel 1571, sopprime l’organizzazione degli Umiliati dopo circa quattro secoli di vita a seguito dell’attentato a San Carlo attribuito a un tale Girolamo Donato detto Farina e appartenente alla congregazione.
Il cardinale, rimasto illeso, ebbe la mozzetta trapassata da una archibugiata mentre stava recitando con la famiglia le preghiere della sera.
L’ordine degli Umiliati si diffuse in Lombardia nel 1150 circa per contemperare un ideale di preghiera e lavoro. Loro mansione specifica era la lavorazione della lana e la diffusione di questa industria. Caduto lo spirito originario anch’essi divennero mercanti capitalisti.
La presenza delle donne fu ammessa dalla regola stessa per incrementare la produttività, nessun rito le consacrava, esse vivevano in castità la stessa vita dei fratelli. Nel 1567 Pio V nomina Alessandro Sauli Vescovo di Aleria, città di mare, in Corsica che apparteneva ai genovesi attraverso il Banco di S. Giorgio. Lì c’è da fare di tutto, compreso sfamare i fedeli vittime di carestie e pirati, formare preti culturalmente degni infondendo in loro slancio per l’evangelizzazione. Scrive di catechesi e di diritto canonico. Durante un viaggio a Roma nel 1572 stinge profondi legami di amicizia con S. Filippo Neri, il Santo della serenità, impegnato con i suoi Oratoriali (Filippini).
Nel 1580 è in prima fila nei soccorsi agli appestati. Per vent’anni la Corsica ha in lui un padre ed un maestro. Probabilmente morirebbe lì, dopo aver rifiutato il trasferimento come Vescovo Coadiutore con diritto di successione nella diocesi di Genova, ma deve obbedire a un suo allievo diventato papa: Gregorio XIV che lo trasferisce a Pavia (1592). Obbedisce, anche se tanto lavoro l’ha già sfiancato. Eppure intraprende subito la visita pastorale nelle parrocchie: non smette di “portare la croce”. Viene per lui l’ultimo giorno nel dolce scenario d’autunno del Piemonte meridionale: giunto a Colosso (Asti) lascia la vita terrena nell’ottobre dello stesso anno nel castello del Conte Ercole Roero. Aveva accettato l’ospitalità del signore del luogo non nei saloni nobili, ma al pianterreno, con i lavoranti, vicino alla portineria. Duilio Giacobone parla di un miracolo avvenuto a Pietra Marazzi; un tale Francesco Longhi guarì miracolosamente dopo aver desiderato ardentemente assistere all’ingresso in chiesa del Vescovo Alessandro. Avrà gli onori degli altari come Beato il 23 aprile 1741 da Benedetto XIV e come Santo l’11 dicembre 1904 da Pio X. A Genova nella Basilica di Carignano si può vedere una sua statua in marmo opera dello scultore Pietro Peuget, ed un ritratto dipinto da Domenico Fiasella, mentre nell’antisacrestia della Chiesa di San Bartolomeo degli Armeni è esposto il suo manipolo; ossia l’indumento liturgico, eliminato poi dalla riforma liturgica del 1967, a forma di striscia di drappo con la figura della croce che il sacerdote celebrante portava all’avambraccio sinistro durante la celebrazione della S. Messa. Nell’atrio della stessa chiesa figura un suo busto di marmo.
È immortalato in un affresco attribuito a Guido Reni, in un altro del Moncalvo (Canepanova – Pavia). A Pozzolo Formigaro S. Alessandro Sauli è ricordato nella chiesa di San Martino, la parrocchia dei suoi genitori, dove è raffigurato nella terza cappella della navata di sinistra, alla destra del Santo Titolare, in un dipinto del pittore Beroggio padre e nel paese dal nome di una delle vie più antiche del borgo: il tratto della Rosta che parte da via Tortona e porta alla stazione ferroviaria (ex via Regina Elena).