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Trittico Boxilio

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Viene verso casa il preziosissimo trittico di Franceschino Boxilio, rappresentante la Vergine con il Bambino ed i santi Bartolomeo e Sebastiano, tutt’e due molto popolari a Pozzolo Formigaro.
L’opera, difatti, era stata dipinta nel 1507, su commissione della Confraternita della Santissima Trinità di quello stesso paese e poi, per circa 400 anni collocata contro l’abside dell’oratorio.
Nel 1894, quasi per ritorsione, il Trittico veniva ceduto dal Priore a mercanti d’arte francese. Seguì una lunga peregrinazione e momenti d’assoluta irreperibilità.
Ritrovata, infine, a Firenze, adesso è stata acquistata dalla Provincia di Alessandria, per volontà soprattutto del Presidente Dott. Fabrizio Palenzona Pozzolese "D.O.C." e dell’Assessore Cuttica.
La storia dettagliata e puntuale di questo "unicum" di Fraceschino è stata scritta nel 1992 da Pier Giorgio Caramagna, presidente della Pro Loco Pozzolese, sulla rivista "La Rosta". Ne riproduciamo, autorizzati ed obbligati, il testo.

"Il trittico di Franceschino de Boxilio, eseguito nel 1507 per la Confraternita di San Bartolomeo di Pozzolo Formigaro, è stato esposto la scorsa primavera a Castelnuovo Scrivia, patria del pittore. In questa occasione i numerosi visitatori hanno ammirato da vicino e in ottime condizioni di luce la pala d’altare venduta nel 1894 e fortunosamente ritrovata: per secoli fu patrimonio della nostra più antica "casaccia" la Confraternita di San Bartolomeo, già attiva nel finire del 400.
Non così bene la poté osservare santo Varni nel 1871, quando ancora l’opera si trovava nell’"Oratorio dei Battuti rossi": la pala infatti era stata issata sopra i cornicione dell’abside e murata alla parete. Con l’aiuto di un suo discepolo, che si era "destramente" arrampicato fin lassù per osservare il dipinto, il Varni riuscì a formarsi "...una qualche idea delle sue particolarità...".


In tali disagevoli condizioni, l’appassionato ricercatore ligure descrisse il quadro, "...di assai difficile esame sì per lo sporto della cornice sì per la ragguardevole altezza...".

Incorse in alcune imprecisioni, ma la sua testimonianza è fondamentale per vari motivi, primo fra tutti perché nota l’esistenza di un lunetto, ora scomparso.
La pala è divisa in tre scomparti da colonnine spirali e rinserrata da due lesene ricche di intagli dorati su fondo azzurro. "...Sovr’esse girano tre archi egualmente intagliati; e li corona una cornice a cui fa capo un lunetto di forma ellittica...".

Il Varni, dal suo punto di osservazione, riconosce nello scomparto centrale la Beata Vergine che allatta il Bambino, ma non individua le figure poste negli scomparti laterali, che così descrive: "...una santa coperta di panno bianco e sottoveste verde, con un libro aperto tra le mani, ed un santo in costume italiano, con maglie rosse, panno bianco e giallo scuro, avente nella sinistra la spada e nella destra forse la palma...".

In realtà la santa è un barbuto San Bartolomeo, protettore della confraternita, il santo in costume italiano è San Sebastiano, patrono del paese. Si tratta di una rappresentazione atipica: San Sebastiano, di solito raffigurato nudo, legato a un palo e trafitto da frecce, qui appare vestito con la spada appoggiata per terra e le frecce in pugno, simbolo del suo martirio. "...Questa figura - scrive ancora lo studioso - presenta molta analogia con quella di San Sebastiano che è nella tavola del Cimitero del paese, sia per la capigliatura foggiata alla lombarda e sia nella azione, per modo che si direbbe essersi il pittore giovato qui del concetto medesimo. Nel lunetto è una mezza figura di Cristo; e nel gradino sono alcune storie...".
Queste, che il Varni non ebbe modo di riconoscere, riproducono tre momenti del martirio di San Bartolomeo: il Santo subisce il processo e confessa la propria fede, viene scorticato vivo e infine se ne va, color rosso carne con le striature dei tendini, portando in spalla un bastone dal quale penzola la sua pelle bianca con i tratti del volto, il corpo e gli arti.

Il Varni individua l’opera del Boxilio attraverso due pezzi di legno abbandonati sul cornicione "...la cui forma denotava essere state le basi su cui sorgevano le colonnine spirali che dividevano il quadro in tre capitoli...".

Trittico BoxilioI.
1507 A.C. 20
AVGVSTI DIVO BARTHO
LOMEO DICATV CVRTIBVS
M. BOTACINO DE BOTACIJS
PRIORE ET BARTHOLOMEO
DE PARZANA SVB PRIORE

II.
FRANCICHINVS (sic) DE BOXILIO
IN DERTONA PINXIT †.

 

 


Un registro della Confraternita conferma che nel 1507 erano rispettivamente priore e sub priore della Compagnia i suddetti Botacino Bottazzi e Bartolomeo Palenzona, ma non si trova traccia della commissione del quadro; issato un giorno "...quasi alle stelle - come dice il nostro storico poeta Severino Ghezzi - oltre il cornicione, sulla soglia del tempo che non ha più ritorni...".

Il trittico infatti fu venduto nel 1894 a certi antiquari francesi, scrive il Ghezzi che ha raccolto la testimonianza del Muscou (Piero Remotti), sacrista dell’oratorio. Questi, a quell’epoca appena diciassettenne, tirò giù il quadro dalla parete insieme con un certo Massa muratore, vulgo "Stopabog".
Fu un’operazione assai difficile e rischiosa, date le dimensioni del quadro (cm.180x200), effettuata con il solo ausilio di una scala pioli. Il Remotti dà una descrizione del trittico non trascurabile, se si pensa che con gli anni, "... anzi coi secoli si erano scollate e precipitate e disperse vari, parti, colonnine, capitelli, cornici e una tavoletta su cui, entro un ovale, era scritto un millesimo e il nome del priore Botta Ciro (Botacino)...".

Il trittico - ricorda il Muscou - si componeva di tre figure: la Madonna col Bambino al centro, fra San Bartolomeo e un altro Santo non identificato. Precisa però che il dipinto era sormontato da una lunetta con la figura del Redentore a mezzo corpo.
"...Gli antiquari fecero imballare maestosamente il trittico, raccolsero nelle loro valigie i pezzi fortunatamente ritrovati pel coro e per la sacrestia, diedero 50 lire al Remotti e al Massa che avevano risicato di precipitare giù con tanto peso e tanta giovanile baldanza, sborsarono non si sa che somma, ma certamente non grande, al priore Garassino, vulgo Pie Muntèis o Muntagnà e se ne andarono senza voltarsi indietro, come dicono a Pozzolo...".

Era stato venduto proprio per un puntiglio, per una bizza. Il Priore Piemuntèis infatti si era seccato di dipendere sempre dal parroco, don Dardano, ogni anni, alla festa della Trinità, allorchè bisognava disporre d’un baldacchino nella processione col Santiccimo, e pensò di provvederne uno bell’e nuovo, alienando quel vecchio trittico tutto tarlato e rovinato e scompaginato.

Già dodici anni prima il quadro aveva rischiato di essere ceduto ad antiquari genovesi per quattrocento lire, ma poi la vendita fu sospesa. Questo insania aveva tuttavia suscitato il risentimento dei posteri: una mano, non troppo ignota, bollò i confratelli che avevano avanzato tele proposta con un lapidario giudizio: "bestie!, scritto lapis blu sul registro della confraternita.
Purtroppo il trittico scomparve nel nulla e per lungo tempo non si ebbero più notizie, nonostante le ricerche esperite dal dott. Silvano e dal sottoscritto.
Finalmente nel 1970 l’ing. Angelo Dalerba lo scopre presso un mercato d’arte in Brianza. Il dipinto necessita di restauri urgenti, ma è ancora completo.
Dieci anni dopo lo ritrova presso un antiquario milanese, il lunotto con la mezza figura del Cristo è scomparso. Il prof. Antonello Brunetti, studioso del Boxilio e curatore della nostra castelnovese, ritiene che il mercante brianzolo, con tutta probabilità abbia compiuto l’azione riprovevole di smembrare il quadro.
L’ing. Angelo Dalerba, dopo aver riconosciuto con certezza che questo trittico è quello scomparso dall’oratorio dei rossi di Pozzolo, ne dà ufficialmente notizia al Convegno sull’abbazia di Rivalta e sulla scuola pittorica dei Boxilio (1980); la pala è ricomparsa sul mercato di Milano (prezzo d’acquisto richiesto: 130 milioni).
Successivamente ne parlano Carlenrica Spantigati (1981) e lo stesso Brunetti (1982).
L’opera viene esposta a Firenze, Palazzo Vecchio, dall’estate dell’82 all’Epifania dell’83, in un settore della mostra dedicata ai quattro secoli della Galleria degli Uffizi. E’ lì che posso ammirare per la prima volta il dipinto. Con quanta emozione io rimanga estatico davanti al ritrovato Boxilio lascio immaginare il lettore. Corrono ad ammirarlo anche il dott. Silvano e il prof. Brunetti, ma i più, castelnovesi e pozzolesi, potranno scoprirlo solo grazie alla mostra allestita lo scorso anno a Castelnuovo Scrivia.
E’ l’unico dipinto a tempera su tavola che conosciamo, almeno finora, firmato da Franceschino. Già il Varni lo aveva lodato per la composizione, eleganza e colore. E’ in vendita presso l’antiquario Antonella Bensi di Milano e viene offerto a 750 milioni.
Mi associo ad Antonello Brunetti nell’auspicare un’iniziativa concordata fra soprintendenza, Enti locali e Cassa di Risparmio di Tortona: si potrebbe avviare una trattativa con l’antiquario Bensi per abbattere il prezzo di partenza e cercare di riportare a quest’opera profondamente legata alla tradizione religiosa e popolare del nostro paese.
"...Sarebbe l’occasione - asserisce Brunetti - per rimettere in discussione l’ipotesi di un Franceschino "minore" rispetto al fratello Manfredino...".
Chi ha il trittico è rimasto incantato ed immobile a contemplare i particolari di quest’opera della quale non si immaginavano le dimensioni: la Vergine dal viso dolcissimo che porge il suo seno al Bambino spicca al centro del quadro; il manto scuro, l’abito vermiglio fanno da contrasto al roseo incarnato della Madre e del Figlio.
Chissà quante preghiere questa Vergine avrà ascoltato dalla limpida fede dei nostri avi, che la potevano vedere e onorare ogni giorno nell’oratorio della Trinità.
Quante fiamme di candele si saranno consumate davanti alla sacra immagine che ha ascoltato per secoli le pene o le gioie dei Pozzolesi. I Santi sembrano tenersi un poco in disparte quasi a riconoscere in Lei la Regina e nel Figlio.
Dio sceso sulla terra.
Figure mistiche cedute per un baldacchino. Concediamo pure ai confratelli la buona intenzione di portare l’ostia consacrata per il paese, non adontiamoci per questo atto compiuti da fedeli in buona fede. Ma oggi che abbiamo ritrovato la tavola su quale l’espressivo pannello di Franceschino Boxilio ha creato questo incanto nel quale i nostri occhi perdono, preghiamo e speriamo e aspettiamo che Madonna della Trinità torni presto nella sua casa.