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Le Cascine del Territorio Pozzolese

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Non si può immaginare quanto sia interessante e curiosa la lettura dei fogli catastali che compongono il nostro territorio Comunale. Essi sono fonte inesauribile di scoperte.
Volendo intraprendere un’annotazione capillare di tutte le cascine sparse nel Territorio di Pozzolo Formigaro (kmq 35,59) che posseggono un loro nome proprio, nato chissà come e tramandato a noi da più secoli, ci troviamo di fronte ad una serie di appellativi (circa 179) dalle più disparate origini e di nomi particolari che costituiscono una parte di storia locale propria del nostro paese.
Passando dallo studio delle mappe a una vera ricognizione per le nostre campagne, si ha modo di vedere le varie strutture in tutte le loro esemplificazioni.

Le tipologie più frequenti delle cascine sono le seguenti:

  • 1° tipo – Edificio monocellulare o bicellulare avente una minima funzione abitativa e una modesta pertinenza rurale, affiancate e spesso comunicanti.
  • 2° tipo – Edifici pluricellulari allineati, ciascuno dei quali esplica una funzione particolare: la funzione abitativa, la rurale, la stalla i fienili, molte volte disposti attorno allo spazio comune di pertinenza: l’aia.
  • 3° tipo – Edifici a corte, cioè disposti in fabbricati che si affacciano sull’aia o corte, che assume uno spazio chiuso, protetto dall’esterno. Le funzioni di abitazione e uso rustico sono tutte presenti in maggior o minor quantità a seconda dell’importanza del fondo a cui sono legate. Questo tipo di cascina, nel nostro territorio, non è molto frequente. In molti casi la loro costituzione è dovuta a una successiva fase di crescita e completamento della cascina del 2° tipo, che è già un abbozzo della disposizione a corte.


Spesso in questi complessi si trovano edifici di un certo pregio architettonico.
Nella parte abitativa della casa padronale, compare molte volte una torretta centrale (vedi Cascina Bertolla, Cà Bianca C.na Marenco recente) che, oltre alla funzione decorativa dell’edificio, serviva anche da piccionaia o colombaia .
Gli edifici ad uso agricolo sono spesso disposti simmetricamente ai due lati della casa padronale (vedi nel veneto un esempio ben più elegante delle barchesse delle ville rustiche).
Gli alloggi dei contadini e dei salariati sono disposti a chiudere il lato della corte dove si trova l’ingresso, il passo carraio.

Pesanti portoni in legno (oggi sono pochi i superstiti) servivano a chiudere, la sera, l’ingresso della cascina. Così si cercava di proteggere chi vi abitava da intrusi malintenzionati.
Queste cascine sono un tipo di struttura molto comune in realtà agricole diverse dalla nostra, per esempio nella zona del vercellese, dove assume dimensioni imponenti.
Nel territorio del Novese vi sono esempi molto antichi (1500-1600) di bellissime cascine a corte (La Cattanea, La Gerola, Il Castel Gazzo), per citare le più conosciute. Ritornando al nostro territorio, nelle cascine a corte più interessanti, trova posto anche la chiesetta o oratorio campestre.

La cascina Tolentina possiede un piccolo sacello ad una navata, con proporzionato campanile; purtroppo il tutto è ormai cadente e in stato di abbandono come tutto il complesso seicentesco della cascina.
Anche la cascina Gimbarda, di struttura ottocentesca, si trova un ambiente con volte a vela e cupoletta ellittica che originariamente serviva da oratorio campestre.

I materiali più usati in queste costruzioni rurali sono quelli che si trovano presenti sul posto. Nel nostro caso sono la terra dei campi, terra rossa argillosa che compone quasi tutti i musi delle cascine e anche delle nostre vecchie case del centro storico di Pozzolo Formigaro.
A seconda dell’epoca di costruzione troviamo la terra battuta senza pilastri in mattoni, con presenza di solai in legno nelle costruzioni più antiche (‘600 ca); successivamente mattoni crudi (cotti al sole) e mattoni cotti nelle fornaci per i pilastri e le volte in mattoni.
L’uso della terra battuta è legato alla tradizione antichissima del costruire africano, arabo, spagnolo, provenzale; sicuramente si e’ radicato nella “Frascheta” all’epoca delle prime scorrerie e stanziamenti saraceni, probabilmente popolazioni “more” stabilitesi nel basso alessandrino (sec. XIII e XIV), che importarono il loro modo di costruire trovando anche la materia prima che si adattava perfettamente.
Il sistema della costruzione in terra battuta è rimasto quasi immutato sino al dopoguerra. La terra scavata in un campo vicino al luogo dove sorgeva la costruzione, stava esposta alle intemperie, neve, gelo, acqua, per almeno un inverno, allo scopo di perdere naturalmente le sostanze organiche presenti nel terreno. Quando il costruttore riteneva che fosse pronta, veniva impastata con acqua e gettata nelle casseforme di legno che formavano i muri maestri.
Lo spessore fra le casseforme, di circa 60 centimetri, era lo spessore medio dei muri maestri. Questi venivano impostati su fondamenta scavate nel terreno per circa due metri e riempite di pietrame grosso preso dal torrente Scrivia.
Man mano che la costruzione saliva, ad ogni gettata di terra l’impasto veniva pestato con mazze di legno per eliminare tutta l’acqua dalla massa, che seccava naturalmente e assumeva una compattezza notevole.
Per formare il piano del soffitto il modo primitivo era quello di inserire la travatura in legno su cui poi si metteva un tavolato che fungeva da pavimento per il vano soprastante.
Per le aperture delle porte e delle finestre si usava pure il legno come architrave.
Inutile elencare il pregio di questo tipo di costruzione che ha la caratteristica di essere fresca d’estate e calda d’inverno.
Il materiale era economico perché si trovava in sito e la mano d’ opera locale era espertissima in questo tipo di costruzioni. Molti contadini sapevano all’occorrenza trasformarsi in mastri muratori, per costruire un portico o, se aumentava la famiglia, aggiungere una stanza all’abitazione.
Così le cascine sparse nel nostro territorio sono nate nei secoli come frutto di mani industriose che cercarono di prendere alla terra tutto il possibile, in epoche in cui la vita era durissima battaglia quotidiana e l'uomo che riusciva a vincerla, anche trasformando dell’argilla in casa per la propria famiglia, ne poteva essere ben orgoglioso.
Ai nostri giorni, con l’evoluzione dell’attività industriale che nella nostra zona ha mutato totalmente il modo di vivere della maggioranza della popolazione, anche l’uso delle cascine è cambiato.
La funzione abitativa è rimasta ma sono cambiate le destinazioni delle varie dipendenze, che una volta erano la stalla, i fienili e i porticati. Infatti, nel caso in cui gli attuali proprietari della cascina non esercitino più l’attività agricola, inevitabilmente ma senza squilibri si cambiano le destinazioni d’uso dei vani adattandole alle nuove esigenze. L’evoluzione di questi fabbricati, talvolta passati da padre in figlio, avviene in modo ordinato.
Alcune costruzioni, invece, sono abbandonate, l’incuria, fa crollare i tetti, e allora basta qualche brutta invernata con neve e gelo per far crollare e sgretolare i muri centenari, che silenziosamente ritornano ad essere terra che presto si ricopre di rigogliose erbacce.
Alla fine di queste note, tornando alla lettura dei fogli catastali del territorio, vorrei concludere con un elenco dei nomi delle cascine che compaiono ancora oggi nelle nostre campagne, molti dei quali sono oggi quasi dimenticati o molte volte subiscono delle modifiche dovute ai passaggi di proprietà.