• An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
  • An Image Slideshow
Ti trovi in: Home Cultura Le Trunere

Le Trunere

PDF  Stampa  E-mail 

Fino a pochi decenni fa, succedeva ancora camminando per La Fraschetta di imbattersi negli ultimi custodi di un’antica consuetudine di cui oggi purtroppo si è persa ogni traccia.

Stiamo parlando delle "trunere" o meglio dell’arte di costruirle.

Le trunere (da trouni cioè mattoni di terra che erano posti alla base dell’edificio), edificate interamente con la particolare terra di questa piana argillosa, sono le case tipiche della campagna Pozzolese. Per secoli sono state una presenza peculiare nell’orizzonte della Frascheta.

Ma a quando si fa storicamente risalire la tecnica della "terra battuta"?

le trunere

Studi pubblicati rivelano che già Plinio il Vecchio conosceva questa tecnica che permette di erigere muri duraturi nel tempo, indistruttibili dalle piogge, dal vento e dal fuoco.
Altri studi ci ricordano che le costruzioni in terra battuta sono comuni nei paesi che hanno avuto lunga dominazione araba e citano gli esempi del Portogallo Meridionale e della Provenza ove in aree alluvionali, come quella della Bassa Durance si costruivano i tapys (da taper, battere), case in terra rossa simili alle trunere.

Certo è che in questa piana, dove ancora si notano i resti dell’antica centuriazione dell’agro dertonino e al tempo stesso si hanno notizie della presenza saracena attorno al IX secolo (il toponimo Mandrogne secondo alcuni deriverebbe da un insediamento di Saraceni dediti all’allevamento dei cavalli con la trasformazione della voce “mandriani” in “mandrogni”), è oggettivamente difficile stabilire una verità che vada oltre la presa di coscienza che in ogni caso le trunere rappresentano un patrimonio etnico e culturale che meriterebbe una maggiore attenzione e tutela.

La casa pozzolese nasce dunque dalla terra della Frascheta e della terra ha il profumo e il colore: rosso, giallo Siena oppure ocra.
Questa particolare argilla possiede proprietà fisico - chimiche che le conferiscono una notevole resistenza ed una forte coibenza termica.

La terra, scavata dai campi, veniva impastata con acqua e versata in casseforme; le fondamenta erano costituite da basamenti di ciottoli cementati con una fanghiglia ottenuta dalla stessa terra setacciata e bagnata. Ad ogni “gettata” l’impasto veniva pestato con mazze per espellere la maggior parte dell’acqua.
Gli ossidi di ferro e di alluminio presenti nel terreno, seccando al sole, assumevano la funzione di leganti naturali. I muri andavano assottigliandosi progressivamente verso l’alto di una decina di centimetri. Le volte gettate, man mano che la costruzione saliva, venivano armate con tronchi di acacia.
Il tetto era in coppi sorretto da travi e capriate in legno.

Per le rifiniture, tramezze, spondine, pilastrini venivano utilizzati i mattoni crudi (tröuni).
Il ciclo di costruzione di una casa durava circa sette - otto mesi e la tecnica costruttiva rimase invariata sino al dopoguerra.

La distribuzione dei vani era molto primitiva: da una parte i locali civili, al di là dell’aia le pertinenze rurali.
Questo tipo edilizio, noto come “casa a corte”, testimonia un’economia basata unicamente sul consumo di prodotti ricavati dalla coltivazione del fondo su cui insiste.
Grande importanza assume la corte, in fondo alla quale, di fronte alla casa, veniva edificato un portico isolato, la cui parte inferiore era occupata dal forno e la superiore dalla legnaia. Costante l’orientamento: abitazione a nord, con facciata principale, fabbricati secondari a sud.