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Toponomastica Pozzolese

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Se unanime è l’intesa degli storiografi locali sulla derivazione del nome "Pozzolo" che starebbe ad indicare il luogo dove si formarono i primi nuclei abitati costellati di pozzi per irrigare e abbeverare uomini e animali, non altrettanto chiara è l’origine dell’aggiunta "Formigaro".

Il già più volte citato Canonico Bottazzi indicava che in origine il nome era "Fornuce" e che la successiva denominazione "Formica" o "Formigaro" si formò per evitare l’omonimia.
Nel 1899, quasi un secolo dopo la Nota Storica del Bottazzi, due studiosi, Mario Ferretti e Achille Remotti, nel loro Cenno Storico intorno l’Antica Borgata di Pozzolo Formigaro, propongono la tesi che l’appellativo "Formigaro" derivasse dall’eccessivo popolamento dei luoghi.

Il Prof. Pier Giorgio Caramagna che molti dei suoi studi dedicò alla toponomastica pozzolese esamina molte teorie precedenti senza però addivenire a una soluzione definitiva.

Nel 2001, Mons. Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio Segreto Vaticano e autore di interessanti ricerche sulla zona del tortonese, ha dato alle stampe la Cronaca di Tortona di Tomeno Berruti, redatta intorno al 1580.

Nel testo troviamo: "…Pozolo Formigaro, loco insigne et a bono castelo, è deto Pozolo poi che quasi ogni piccola casa de i suoi borghi ha un pozo, et non sono però murati, ma solo, cavati nela terra et giara, et sono asai forti; et è poi deto Formigaro da le gran formiche che sono in quella campagna, nela quale è di gran necessità che al raccolto tagliano e loro formenti un poco verdi et li conduchino subito, altrimenti como è un poco seco, le formiche ne hano la magior parte, perché crola et casca da sé et è cosnumato da esse formiche…”.

Tomeno Berruti tramanda uno spaccato autentico della vita condotta dagli abitanti della borgata e ci fa chiaramente comprendere come Pozzolo fosse letteralmente assediato dalle formiche.
Dalle descrizioni del Tomeno Berruti si è anche arrivati ad ipotizzare che si trattasse della "formica mietitrice" e della "formica delle zolle" che oltre ad infestare i territori, con la loro opera impoverivano anche i raccolti e la resa dei terreni.

[Giacomo Martini - Il Popolo – 23/05/02]